La tradizione alchemica latina nel medioevo (XII-XIV secolo):
con particolare attenzione al trattato alchemico di
Pietro Bono “Pretiosa Margarita Novella”
INTRODUZIONE
FTATT Al “MIO” Angelo custode! XSF „E così diciamo subito il nostro intimo pensiero: l’alchimia secondo noi potrebbe essere uno dei più importanti residui di una scienza, di una tecnica e di una filosofia appartenenti ad una civiltà sepolta. Ciò che abbiamo scoperto dell’Alchimia, alla luce del sapere contemporaneo, non ci induce a credere che una tecnica così sottile, complicata e precisa, abbia potuto essere il prodotto di una rivelazione divina calata dal cielo…E neppure crediamo che la tecnica alchimistica abbia potuto svilupparsi per tentativi alla cieca, minuscole manipolazioni di ignoranti, fantasie di maniaci del crogiolo, fino a giungere a ciò che si deve pur chiamare una disintegrazione atomica. Saremmo tentati di credere che nell’alchimia restano i frammenti di una scienza sparita, difficili da capire e da utilizzare, mancando il contesto“. (Pawell e Bergier, Il Mattino dei Maghi) |
Nello scrivere questo lavoro, e specificatamente nell'introduzione, mi sono attenuto massimamente alla potente formula magico-alchemica 'ABRACADABRA'[1], sia nel suo risvolto 'destrino' che in quello 'mancino' (che mi appartiene); nella sua derivazione Aramaica sia nel significato di abraq ad habra (Creo quello che dico) sia in quello di Avrah KaDabra (Io creerò come parlo).
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Scrivo quindi qui di seguito sia con sincerità affettiva che con onestà intellettuale e fondando il mio operato sulle quattro virtù cardinali che mio padre pronunciava, sia a casa sia in chiesa, in tono sommesso ogni qual volta si faceva il segno della croce: “Onore Dignità, Rispetto E Lealtà, siano la Mia Forza”. Una volta gli chiesi che significato avesse quella frase; la sua risposta fu: ''fio mio significa che ti devi far in tutti i modi che la tua parola diventi lege.” Dopo tanti anni, mi sento di ipotizzare che quella sua ‘preghiera' poteva essere associata ai quattro elementi della croce e che in mio padre potevano essere ben assimilabili nel dualismo maschile (zolfo)-femminile (mercurio) del moto alchemico: Comanda obbedendo, che, ad un diverso livello mentale dell'opus, si riflette in quello a mo’ del caduceo ermetico allo specchio e corrisponde dunque al solve et coagula alchemico. Dove solve corrisponde al logos, che discerne e separa, e il coagula corrisponde all’eros, che armonizza e collega.
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Per cui sia l’introduzione che il lavoro prodotto non è, e non vuole essere, un trattato scientifico, ma una ricerca di me stesso che mi porterà al ‘gnōthi sautón’= 'nosce te ipsum', in quanto è un ‘andare verso l'oscuro e verso l'ignoto attraverso ciò che è ancora più oscuro e più ignoto' (Obscurum per obscurius - Ignotum per ignotius), ben consapevole dei pericoli insiti in questa ricerca che porta al di là dell’Hybris, quale tentazione di sostituirsi ai ritmi naturali, proprio al sistema scientifico-tecnologico che domina tutta la contemporaneità. Hybris con la quale l'uomo, per controllare il tempo, si condanna ad identificarsi con il tempo (prenderne il ruolo), trasformando l'uomo in un semplice impiegatuccio, che si fregia del titolo di tecnico.
Solo due parole ancora, per quanto riguarda il contenuto del presente saggio. Questo lavoro rappresenta solo la prima parte di un progetto il cui intento è (o era, o dovrebbe esserlo) quello di far conoscere agli appartenenti alla Comunità nazionale italiana (CNI), presenti sul territorio d’insediamento storico, il pensiero e le opere di personaggi istriani, o che in Istria hanno trovato la loro ispirazione per la creazione di opere culturalmente importanti, reinserendoli così nel patrimonio culturale che per eredità storica ci appartiene. In effetti, si tratta, o almeno questo è l'intento dell'autore, di dar vita ad una serie di ricerche incentrate principalmente sulla valorizzazione di pensatori che nel passato hanno vissuto e/o operato nel nostro territorio d’insediamento storico. Personaggi che con le loro opere testimoniano quel clima culturale aperto che da sempre ha contraddistinto questa terra d’Istria quale terra di frontiera nel senso d’appartenenza. Ma non solo; si tratta altresì di assegnare il massimo rilievo a personaggi e opere che fanno parte del nostro patrimonio culturale che spesso dimentichiamo di possedere e senza il quale sarebbe impossibile coltivare quell’orgoglio collettivo tanto importante per il mantenimento e la valorizzazione della nostra identità socio-territoriale.
Per cui, il presente lavoro si prefigge lo scopo di rinforzare, se non addirittura di risvegliare, negli appartenenti della CNI, ovvero nei miei connazionali, il, da me definito, CDC (Codice di Difesa Collettivo) o CDN (Codice di Difesa Nazionale) facendo conoscere il pensiero e le opere di personaggi istriani di spicco che in questa terra di frontiera etno-linguistica hanno trovato la loro ispirazione per la creazione di opere importanti. E, in tal senso, questo lavoro riguardante la filosofia alchemica di Pietro Bono e di Daniele da Capodistria, due dei massimi esponenti dell’alchimia europea medioevale, rappresenta un piccolo ma importante tassello da reinserire nel patrimonio culturale che, per diritto e per eredità storica, appartiene alla CNI di questi territori.
A questo studio ne dovrebbero far seguito degli altri che daranno nuova luce a personaggi appartenenti all’area socio-territoriale qui di nostro interesse. Tra questi spiccano il chersano Francesco Patrizi e, sempre all’interno della visuale immaginativa propria alla filosofia originaria, altri due personaggi misconosciuti alla CNI, ma di rilevanza capitale per il rafforzamento del CDC di questa. Trattasi del medico zaratino Federico Crisogono (1472 – 1538), la cui astrologia medica ha molte somiglianze con la moderna psicologia/astrologia transpersonale, e di Giulio Camillo Delminio (1479 – 1544), per molti studiosi di origine dalmata, conosciuto per l’opera L’Idea del Theatro, ma che a noi interessa per la sua visione spirituale che dà all’alchimia. Anche qui si tratta di personaggi che fanno parte del nostro patrimonio culturale a sua volta però trascurato dalla cultura ufficiale, per cui misconosciuti ai molti ma senza i quali è impossibile coltivare quell’orgoglio collettivo tanto importante per il mantenimento e la valorizzazione della nostra identità socio-territoriale (il CDC, per l’appunto).
Quindi questo lavoro vuole rappresentare un tentativo di recupero di quel patrimonio culturale che indelebilmente ci collega sia al mondo latino che a quello slavo e che, contemporaneamente, fa parte dell’identità collettiva della CNI.
Si tratta di un tentativo culturale che per l’autore è ritenuto di capitale importanza per la sopravvivenza della Comunità nazionale italiana stessa, e che si diversifica dal semplice e formale dichiararsi italiani o di madre lingua italiana.
Da troppo tempo la storia dei vincitori ha deciso di destinare all’oblio quel patrimonio culturale della CNI, reputando forse che in qualche modo questo declassi quello dell’ormai dominante maggioranza, ma non rendendosi conto che l’uno non nega l’altro. Stiamo anzi trattando di una cultura che rappresenta un valore che va oltre la concezione prettamente nazionale anche se, o proprio perché, appartiene al background di una determinata area socio-territoriale di frontiera linguistica e di appartenenza nazionale. Se attualmente la cultura croata giustamente si appropria il diritto di ritenere pensatori quali Enzo Bettiza o Fulvio Tomizza o Giuseppe Tartini personaggi della cultura croata o slovena (anche se di madrelingua italiana) - trend che è proprio al postmodernismo - così anche noi possiamo, anzi dobbiamo, appropriarci di autori che di diritto entrano nella nostra sfera culturale senza sminuirne l’altrui approccio, ma condividendone gli intenti. Da qui l’idea di sviluppare dei progetti di ricerca che rivalutino quelle opere e quei personaggi che possono solo arricchire il nostro patrimonio culturale, rendendo più solida e sicura la nostra identità collettiva. E questo indipendentemente se gli autori in questione siano stati nel passato, più o meno prossimo, italianizzati o slavizzati.
In questo senso questo libro vuole essere un tentativo di recupero di autori e di opere ripescate dal dimenticatoio della nostra storia. Il tutto, lo ripeto rimarcando il concetto, allo scopo di riprenderci, di rimpossessarsi di quella dignità culturale necessaria per dimostrare che la nostra presenza in questi territori non è casuale, ma storica. E per dire, a voi lettori, che il consolidamento, o il logorio e deperimento, della nostra identità è prevalentemente nelle nostre mani. Riprendiamoci dunque il nostro passato!
Il presente volume è essenzialmente diviso in due parti. La prima riguarda l'alchimia in generale, nei suoi risvolti spazio-temporali. Si mette qui in rilievo che lo scopo dell'alchimia è, in definitiva, lo scopo che l'uomo si è da sempre promesso di raggiungere: la conoscenza di se stesso al di fuori delle limitazioni spazio-temporali. In questa prima parte ci siamo soffermati prevalentemente sull'alchimia Europea, anche se inevitabile era mostrare l'enorme influsso che su di essa ebbero la cultura dell'Islam e quella giudaica. La conclusione della prima parte, generale ed introduttiva, è allo stesso tempo anche la conclusione del volume stesso, in quanto riguardante la fine dell'alchimia in un mondo dominato dai valori propri ad un sistema scientifico-tecnico che ha ridotto l'uomo ad una sua piccola parte, quasi ormai insignificante.
La seconda parte mette in luce tre personaggi di spicco dell’Istria medioevale e dei suoi dintorni: si inizierà con un riferimento al pensiero ermetico di Hermann il Dalmata (che, come si vedrà, era d'origine istriana), e si tratterà più specificatamente quello alchemico di Pietro Bono e di Daniele Justinopolitano (da Capodistria).
Per quel che riguarda Hermann di Dalmazia / Herman Dalmatin / Hermannus Dalmata (o anche Hermann di Carinzia o Hermann Tedesco), parliamo di un pensatore medievale di rilievo che le sue origini ha nell'Istria centrale. Basterà menzionare che il cognome Erman(n) e Herman(n) è abbastanza comune nella parte centrale dell'Istria (come a Gimino/Žminj, Kringa, Radeticchio/Radetići), il che non è né casuale né storicamente irrilevante. Di lui, oltre ad essere un eccellente traduttore di testi arabi in latino, si ricorderà qui la sua opera filosofico-teologica originale, il De essentiis (Sulle essenze). Quello che sappiamo su Hermann è che nacque attorno al 1100 e scomparve verso l'anno 1160, identificato pertanto quale periodo della sua morte. Per quanto riguarda l’influsso dei testi ermetici sul pensiero di Hermann, si osserverà che nella sua opera emerge un ‘uso di specifiche fonti ermetiche e di linguaggio tecnico derivante dall’alchimia’.
Si rileverà, nel capitolo Istria ‘crocevia’ di alchimisti, che già a partire dall'alto Medioevo l’Istria, era territorio di frontiera etno-culturale e dal confine amministrativo mobile, nel quale hanno vissuto e operato illustri personaggi di spicco dando vita a una proficua atmosfera culturale che di sé informerà tutta la cultura europea. È questo un periodo nel quale Capodistria e Pola prosperavano più di altre città istriane nelle quali vissero e operavano due dei filosofi naturali che qui di più ci interessano in quanto immersi negli studi alchemici.
Il primo è il Magistar Petrus Bonus Lombardus de Ferraria, medico della prima metà del XIV secolo che a Pola “in provincia Ystriae’, compose (nonostante l’edito papale del 1317 che bandiva l’alchimia) uno dei più importanti trattati di alchimia medioevale intitolato Pretiosa Margarita Novella (Una nuova perla preziosa). Un’opera a noi sconosciuta, ma che ebbe larga rinomanza presso gli adepti alchemici non solo del suo tempo ma anche nei secoli a venire. L’autore è di nostro interesse proprio perché scriverà il suo trattato a Pola “in provincia Ystriae”. Il capitolo che lo riguarda, il più ampio, cerca di capire e spiegare come e perché questo trattato di argomento alchemico-filosofico rappresenti una delle opere più ampie della produzione trecentesca. Sarà per noi interessante rilevare il confronto che l’autore fa con altri testi e temi della tradizione alchemica e le linee del più consolidato sapere naturalistico aristotelico e medico, in auge in quel periodo, cercando, inoltre di distinguere le sue teorizzazioni alchemiche dall’approfondita disamina filosofica che egli imposta sull’alchimia quale complessivo problema da chiarire.
Il terzo personaggio è Daniele di Bernardo del Pozzo da Capodistria, vissuto tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, conosciuto anche come Daniele l'Istriano, che si firmava come Daniele de Justinopoli, e che scrisse una Canzone alchemica intitolata Rithmus de lapide phisico, composta nella lingua italiana di quel tempo e strutturata in diciotto strofe regolari di quattordici versi ciascuna. In tutte vengono osservate le regole delle rime, tranne che in due versi della quindicesima strofa con i quali l'autore cerca di rendere più chiaro e comprensibile il contenuto alchemico che presenta. Nella Canzone un'eccezione a sé è poi la diciassettesima strofa, scritta in latino, in quanto invocazione a Dio. Anche Daniele, come Bono fa parte della corrente alchemica propensa alla filosofia della natura, ritenendo che il vero alchimista, da distinguere dal falso alchimista, deve prima conoscere la natura per poterla imitare con regola d’arte (alchemica), per, in seguito, perfezionare quello che nella natura è rimasto incompiuto.
In definitiva i temi di fondo riguardano l’analisi dell'alchimia medievale di questo territorio, comparandola con altre opere in auge nello stesso lasso temporale. Si cercherà, tramite le figure degli alchimisti presi qui in esame, di rispondere, da una parte, a obiezioni, perplessità, dubbi che la diffusione dell’alchimia aveva provocato in Occidente e, dall’altra parte, di offrire un’esauriente panoramica delle teorie alchemiche in auge nel XIV secolo. A voi si rimanda ‘l’ardua sentenza’ per quanto concerne il raggiungimento dell’altro nostro obiettivo, quello del rafforzamento del Codice di Difesa Collettivo della nostra CNI.
Finisco questa introduzione riprendendo la formula simbolico-magica di ABRACADABRA, questa volta collegandola però con la parola egizia Abraxas o Abrasa di cui essa ne è una corruzione ed il cui significato è:
‘non mi nuocere’ (a me, alla mia famiglia e alla mia comunità nazionale).
Fa sì che la mia parola sia: Legge.
[1] Significato che di questa formula-simbolo ha fatto sì che sia stata sempre ritenuta una formula magica di protezione e trasformazione. In alchimia, per esempio, veniva usata come antidoto contro le malattie e per aumentare la velocità di guarigione. Va sempre scritta, sotto forma di triangolo, partendo dalla frase intera che, man mano che si scende, perde una lettera, così ad arrivare a mostrare solo una A.
Solo due parole ancora, per quanto riguarda il contenuto del presente saggio. Questo lavoro rappresenta solo la prima parte di un progetto il cui intento è (o era, o dovrebbe esserlo) quello di far conoscere agli appartenenti alla Comunità nazionale italiana (CNI), presenti sul territorio d’insediamento storico, il pensiero e le opere di personaggi istriani, o che in Istria hanno trovato la loro ispirazione per la creazione di opere culturalmente importanti, reinserendoli così nel patrimonio culturale che per eredità storica ci appartiene. In effetti, si tratta, o almeno questo è l'intento dell'autore, di dar vita ad una serie di ricerche incentrate principalmente sulla valorizzazione di pensatori che nel passato hanno vissuto e/o operato nel nostro territorio d’insediamento storico. Personaggi che con le loro opere testimoniano quel clima culturale aperto che da sempre ha contraddistinto questa terra d’Istria quale terra di frontiera nel senso d’appartenenza. Ma non solo; si tratta altresì di assegnare il massimo rilievo a personaggi e opere che fanno parte del nostro patrimonio culturale che spesso dimentichiamo di possedere e senza il quale sarebbe impossibile coltivare quell’orgoglio collettivo tanto importante per il mantenimento e la valorizzazione della nostra identità socio-territoriale.
Per cui, il presente lavoro si prefigge lo scopo di rinforzare, se non addirittura di risvegliare, negli appartenenti della CNI, ovvero nei miei connazionali, il, da me definito, CDC (Codice di Difesa Collettivo) o CDN (Codice di Difesa Nazionale) facendo conoscere il pensiero e le opere di personaggi istriani di spicco che in questa terra di frontiera etno-linguistica hanno trovato la loro ispirazione per la creazione di opere importanti. E, in tal senso, questo lavoro riguardante la filosofia alchemica di Pietro Bono e di Daniele da Capodistria, due dei massimi esponenti dell’alchimia europea medioevale, rappresenta un piccolo ma importante tassello da reinserire nel patrimonio culturale che, per diritto e per eredità storica, appartiene alla CNI di questi territori.
A questo studio ne dovrebbero far seguito degli altri che daranno nuova luce a personaggi appartenenti all’area socio-territoriale qui di nostro interesse. Tra questi spiccano il chersano Francesco Patrizi e, sempre all’interno della visuale immaginativa propria alla filosofia originaria, altri due personaggi misconosciuti alla CNI, ma di rilevanza capitale per il rafforzamento del CDC di questa. Trattasi del medico zaratino Federico Crisogono (1472 – 1538), la cui astrologia medica ha molte somiglianze con la moderna psicologia/astrologia transpersonale, e di Giulio Camillo Delminio (1479 – 1544), per molti studiosi di origine dalmata, conosciuto per l’opera L’Idea del Theatro, ma che a noi interessa per la sua visione spirituale che dà all’alchimia. Anche qui si tratta di personaggi che fanno parte del nostro patrimonio culturale a sua volta però trascurato dalla cultura ufficiale, per cui misconosciuti ai molti ma senza i quali è impossibile coltivare quell’orgoglio collettivo tanto importante per il mantenimento e la valorizzazione della nostra identità socio-territoriale (il CDC, per l’appunto).
Quindi questo lavoro vuole rappresentare un tentativo di recupero di quel patrimonio culturale che indelebilmente ci collega sia al mondo latino che a quello slavo e che, contemporaneamente, fa parte dell’identità collettiva della CNI.
Si tratta di un tentativo culturale che per l’autore è ritenuto di capitale importanza per la sopravvivenza della Comunità nazionale italiana stessa, e che si diversifica dal semplice e formale dichiararsi italiani o di madre lingua italiana.
Da troppo tempo la storia dei vincitori ha deciso di destinare all’oblio quel patrimonio culturale della CNI, reputando forse che in qualche modo questo declassi quello dell’ormai dominante maggioranza, ma non rendendosi conto che l’uno non nega l’altro. Stiamo anzi trattando di una cultura che rappresenta un valore che va oltre la concezione prettamente nazionale anche se, o proprio perché, appartiene al background di una determinata area socio-territoriale di frontiera linguistica e di appartenenza nazionale. Se attualmente la cultura croata giustamente si appropria il diritto di ritenere pensatori quali Enzo Bettiza o Fulvio Tomizza o Giuseppe Tartini personaggi della cultura croata o slovena (anche se di madrelingua italiana) - trend che è proprio al postmodernismo - così anche noi possiamo, anzi dobbiamo, appropriarci di autori che di diritto entrano nella nostra sfera culturale senza sminuirne l’altrui approccio, ma condividendone gli intenti. Da qui l’idea di sviluppare dei progetti di ricerca che rivalutino quelle opere e quei personaggi che possono solo arricchire il nostro patrimonio culturale, rendendo più solida e sicura la nostra identità collettiva. E questo indipendentemente se gli autori in questione siano stati nel passato, più o meno prossimo, italianizzati o slavizzati.
In questo senso questo libro vuole essere un tentativo di recupero di autori e di opere ripescate dal dimenticatoio della nostra storia. Il tutto, lo ripeto rimarcando il concetto, allo scopo di riprenderci, di rimpossessarsi di quella dignità culturale necessaria per dimostrare che la nostra presenza in questi territori non è casuale, ma storica. E per dire, a voi lettori, che il consolidamento, o il logorio e deperimento, della nostra identità è prevalentemente nelle nostre mani. Riprendiamoci dunque il nostro passato!
Il presente volume è essenzialmente diviso in due parti. La prima riguarda l'alchimia in generale, nei suoi risvolti spazio-temporali. Si mette qui in rilievo che lo scopo dell'alchimia è, in definitiva, lo scopo che l'uomo si è da sempre promesso di raggiungere: la conoscenza di se stesso al di fuori delle limitazioni spazio-temporali. In questa prima parte ci siamo soffermati prevalentemente sull'alchimia Europea, anche se inevitabile era mostrare l'enorme influsso che su di essa ebbero la cultura dell'Islam e quella giudaica. La conclusione della prima parte, generale ed introduttiva, è allo stesso tempo anche la conclusione del volume stesso, in quanto riguardante la fine dell'alchimia in un mondo dominato dai valori propri ad un sistema scientifico-tecnico che ha ridotto l'uomo ad una sua piccola parte, quasi ormai insignificante.
La seconda parte mette in luce tre personaggi di spicco dell’Istria medioevale e dei suoi dintorni: si inizierà con un riferimento al pensiero ermetico di Hermann il Dalmata (che, come si vedrà, era d'origine istriana), e si tratterà più specificatamente quello alchemico di Pietro Bono e di Daniele Justinopolitano (da Capodistria).
Per quel che riguarda Hermann di Dalmazia / Herman Dalmatin / Hermannus Dalmata (o anche Hermann di Carinzia o Hermann Tedesco), parliamo di un pensatore medievale di rilievo che le sue origini ha nell'Istria centrale. Basterà menzionare che il cognome Erman(n) e Herman(n) è abbastanza comune nella parte centrale dell'Istria (come a Gimino/Žminj, Kringa, Radeticchio/Radetići), il che non è né casuale né storicamente irrilevante. Di lui, oltre ad essere un eccellente traduttore di testi arabi in latino, si ricorderà qui la sua opera filosofico-teologica originale, il De essentiis (Sulle essenze). Quello che sappiamo su Hermann è che nacque attorno al 1100 e scomparve verso l'anno 1160, identificato pertanto quale periodo della sua morte. Per quanto riguarda l’influsso dei testi ermetici sul pensiero di Hermann, si osserverà che nella sua opera emerge un ‘uso di specifiche fonti ermetiche e di linguaggio tecnico derivante dall’alchimia’.
Si rileverà, nel capitolo Istria ‘crocevia’ di alchimisti, che già a partire dall'alto Medioevo l’Istria, era territorio di frontiera etno-culturale e dal confine amministrativo mobile, nel quale hanno vissuto e operato illustri personaggi di spicco dando vita a una proficua atmosfera culturale che di sé informerà tutta la cultura europea. È questo un periodo nel quale Capodistria e Pola prosperavano più di altre città istriane nelle quali vissero e operavano due dei filosofi naturali che qui di più ci interessano in quanto immersi negli studi alchemici.
Il primo è il Magistar Petrus Bonus Lombardus de Ferraria, medico della prima metà del XIV secolo che a Pola “in provincia Ystriae’, compose (nonostante l’edito papale del 1317 che bandiva l’alchimia) uno dei più importanti trattati di alchimia medioevale intitolato Pretiosa Margarita Novella (Una nuova perla preziosa). Un’opera a noi sconosciuta, ma che ebbe larga rinomanza presso gli adepti alchemici non solo del suo tempo ma anche nei secoli a venire. L’autore è di nostro interesse proprio perché scriverà il suo trattato a Pola “in provincia Ystriae”. Il capitolo che lo riguarda, il più ampio, cerca di capire e spiegare come e perché questo trattato di argomento alchemico-filosofico rappresenti una delle opere più ampie della produzione trecentesca. Sarà per noi interessante rilevare il confronto che l’autore fa con altri testi e temi della tradizione alchemica e le linee del più consolidato sapere naturalistico aristotelico e medico, in auge in quel periodo, cercando, inoltre di distinguere le sue teorizzazioni alchemiche dall’approfondita disamina filosofica che egli imposta sull’alchimia quale complessivo problema da chiarire.
Il terzo personaggio è Daniele di Bernardo del Pozzo da Capodistria, vissuto tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, conosciuto anche come Daniele l'Istriano, che si firmava come Daniele de Justinopoli, e che scrisse una Canzone alchemica intitolata Rithmus de lapide phisico, composta nella lingua italiana di quel tempo e strutturata in diciotto strofe regolari di quattordici versi ciascuna. In tutte vengono osservate le regole delle rime, tranne che in due versi della quindicesima strofa con i quali l'autore cerca di rendere più chiaro e comprensibile il contenuto alchemico che presenta. Nella Canzone un'eccezione a sé è poi la diciassettesima strofa, scritta in latino, in quanto invocazione a Dio. Anche Daniele, come Bono fa parte della corrente alchemica propensa alla filosofia della natura, ritenendo che il vero alchimista, da distinguere dal falso alchimista, deve prima conoscere la natura per poterla imitare con regola d’arte (alchemica), per, in seguito, perfezionare quello che nella natura è rimasto incompiuto.
In definitiva i temi di fondo riguardano l’analisi dell'alchimia medievale di questo territorio, comparandola con altre opere in auge nello stesso lasso temporale. Si cercherà, tramite le figure degli alchimisti presi qui in esame, di rispondere, da una parte, a obiezioni, perplessità, dubbi che la diffusione dell’alchimia aveva provocato in Occidente e, dall’altra parte, di offrire un’esauriente panoramica delle teorie alchemiche in auge nel XIV secolo. A voi si rimanda ‘l’ardua sentenza’ per quanto concerne il raggiungimento dell’altro nostro obiettivo, quello del rafforzamento del Codice di Difesa Collettivo della nostra CNI.
Finisco questa introduzione riprendendo la formula simbolico-magica di ABRACADABRA, questa volta collegandola però con la parola egizia Abraxas o Abrasa di cui essa ne è una corruzione ed il cui significato è:
‘non mi nuocere’ (a me, alla mia famiglia e alla mia comunità nazionale).
Fa sì che la mia parola sia: Legge.
[1] Significato che di questa formula-simbolo ha fatto sì che sia stata sempre ritenuta una formula magica di protezione e trasformazione. In alchimia, per esempio, veniva usata come antidoto contro le malattie e per aumentare la velocità di guarigione. Va sempre scritta, sotto forma di triangolo, partendo dalla frase intera che, man mano che si scende, perde una lettera, così ad arrivare a mostrare solo una A.
INDICE
INTRODUZIONE 9 L’Alchimia: antica abilità di trasmutazione 19 Ma che cos’è l’alchimia 22 Le origini dell’alchimia 28 Il segreto dell’alchimia 32 Breve storia dell’alchimia 53 L’origine dell’alchimia 53 Il leggendario padre dell’alchimia 54 Il Corpus Hermeticum e la Tabula Smaragdina 56 Altri padri leggendari dell’alchimia 58 Alessandro Magno e l’alchimia 59 La proto-chimica di Alessandria d’Egitto, precorritrice dell’alchimia? 60 Zosimo, il primo alchimista 61 L’Anima Mundi dell’alchimia 64 Maria l’ebrea 67 L’Islam e l’alchimia 71 L’alchimia Europea 78 Alla ricerca dell’ ’oro’ 83 Chi sono gli alchimisti? 88 L’elixir e la salvezza dell’anima 98 La trasmutazione 101 La Quintessenza 103 Il sacrificio 108 Le operazioni per l’Opus Magnum 111 L’oro potabile 112 La perfezione dei metalli 113 Laboratorio e oratorio 114 Apparecchiature e utensili 115 L’Opus alchemico e il Santo Graal 119 Trasmutazione o trasformazione della materia: principio centrale dell’alchimia 125 La Grande Opera o Magnum Opus: scopo ultimo dell’alchimista 128 Verso il tramonto dell’alchimia tradizionale 139 L’alchimia non è chimica 142 Superamento del modo di pensare alchemico 146 Alchimia e psicologia: nuova frontiera 148 Dalla conoscenza universale alla specializzazione 150 La fine dell’alchimia 150 |
Istria medioevale crocevia di culture 157
Hermann l’Istriano 159 Toledo– centro di traduzioni e di incontro tra culture diverse 169 Hermann il ‘traduttore’ 175 Il De essentiis e la filosofia della natura 180 Hermann e l’ermetismo 182 Hermann Dalmata costruttore di ponti tra culture diverse 187 Istria ‘crocevia’ di alchimisti 191 Del Magistar Petrus Bonus Lombardus de Ferraria 194 Le diverse edizioni del trattato alchemico di Bono 197 La forma mentis dell’alchimista 201 La versione di Lacinio della Pretiosa margarita novella 204 Filosofia della natura e alchimia 207 La fede alchemica 215 L’Istria ‘crogiolo’ culturale europeo. 220 La psicologia come scienza-spirituale: C. G. Jung 223 Julius Evola la (sua) Tradizione ermetica e il confronto con altri ‘moderni’ 228 L’alchimia tra esoterismo e misticismo 234 Pietro Bono vs Nicolas Flamel 239 Pietro Bono vs Fulcanelli 254 La questione del nome 261 La comprensione di Bono dell’Ars Magna quale scienza esoterica nel Medioevo cristiano 265 Contra e Pro Arte alchemica 271 L’Opus alchemicum di Janus Lacinius 282 A proposito dei signa alchemici 304 La disposizione del Lapis philosophorum e il suo ruolo nel mondo secondo Pietro Bono 322 Le due verità 325 La via naturale dell’alchimia 329 Del secondo zolfo o del mercurio volatile 334 Il ruolo del Lapis philosophorum 341 il Lapis di Cristo 347 Daniele l’Istriano 352 La Canzone alchemica di Daniele Justinopolitano 357 Un poema istriano dell’Opus alchemicum 360 Il coinvolgimento fideistico nella Canzone 381 Il Lapis philosophorum di ‘Rigino Danieli’ 388 Le (tre) richieste per il conseguimento del Lapis 394 A MO’ DI CONCLUSIONE 403 Indice delle illustrazioni 405 Bibliografia consigliata 409 |
Sažetak
U samom poimanju alkemije kao 'ars philosophica' ili 'ars philosophie' vidljivo je da su alkemija i filozofija intimno povezane. Zbog toga se u ovoj knjizi pokušava odrediti neke etape tog odnosa, kao i neke aspekte susreta, povezivanja i razmjena između alkemije i filozofije od XII do XIV stoljeća. Unutar toga posebna se pažnja posvećuje istaknutim ličnostima srednjovjekovne Istre i okolice. Tu se misli na Hermana Dalmatinca, naročito na njegov hermetizam, za kojeg se smatra da je istarskog podrijetla, i na alkemičare koji su djelovali na istarskom tlu primjerice Petrus Bonusu (da Ferrara) čiji će alkemijski traktat Pretiosa Margarita Novella, napisano 1330. godine u Puli, „in provincia Ystriae“, imati veliki utjecaj na budući naraštaj alkemičara. Radi se o djelo koji je više poznat u svom skraćenom i parafrastičnom izdanju Janusa Liciniusa Therapusa, koji je prvi put tiskano 1546. godine. I na alkemičara Daniele de Justinopoli ili Daniele Justinopolitano tj. Kopranin. Obrađujući njegovu alkemijsku poemu Rithmus de lapide phisico (Poema o kamenu mudraca). Koju je napisao potkraj XIV. ili početkom XV. stoljeća u Kopru ili Puli gdje je djelovao kao profesor gramatike. Treba istaknuti da ova knjiga završni je proizvod međunarodnog istraživačkog projekta proveden u okviru partnerstva s regijom Friuli Venezia Giulia (Italija) i Pučkim sveučilištem u Trstu (l’Università popolare di Trieste).
Naime, Regija Friuli Venezia Giulia, prepoznala je ovaj projekt kao vrijedan u društvenom, obrazovnom i kulturnom smislu radi napretka unutar europske i demokratske dimenzije susjednih teritorijalnih zajednica (Italije – Slovenije – Hrvatske). Projekt je uživao potporu regionalnog zakona „Legge regionale 11 agosto 2014“ kojim se regulira provedba intervencija regije Friuli Venezia Giulia na području promicanja kulturnih aktivnosti, u skladu s pravom Europske zajednice. U smislu ovog zakona, kulturne aktivnosti podrazumijevaju se kao inicijative za širenje, dokumentiranje, promicanje, proizvodnju i širenje vizualnih umjetnosti, kinematografije, fotografije, humanističkih i znanstvenih disciplina, književnosti, društvenih znanosti, manifestacija u živo i unapređenja povijesnog pamćenja. |